L’ape Giovannina

Giovannina adora giocare ad essere un’ape.
E’ una bambina che sfugge, ma se vuoi tirarle fuori le parole più sincere, puoi andare a parlarle mentre gioca tra i fiori, mimetizzandoti con lei nel campo che c’è dietro casa sua.
A Giovannina il sapore del miele risulta stomachevole, ma se le ricordi chi lo produce, lei lo manda giù con la soddisfazione di un capitano d’industria che assapora il frutto del lavoro dei propri operai.

All’inizio la madre era molto preoccupata di questa pericolosa attrazione della figlia per le api; temeva infatti che si potesse spingere fino a cercare gli alveari, finendo per essere punta da uno sciame inferocito. E invece Giovannina è sempre riuscita a fare i movimenti giusti e a farsi tollerare – con le sue storie – dalle api tra quei fiori.

Questo gioco bellissimo si è però svolto solo dalla primavera all’estate del 1918.
Un giorno poi a casa di Giovannina è arrivato l’inverno ed è durato per sempre.

Da quella stagione, la bambina ha atteso l’arrivo delle api da una finestra che i genitori hanno provveduto a costellare di fiori. Non è come sdraiarsi nel campo – certo- ma è comunque l’unica cosa che riesca a strappare un sorriso agli occhi di Giovannina. Quegli occhi dolci come il miele, ma che riescono a trafiggerti come un pungiglione avvelenato di tristezza.

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Il ricordo dei tuoi passi mi segue sempre

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“Il tuo ricordo
è una strada piena di luce,
una cometa luminosa,
mi segue sempre, ovunque vada,
sempre.
Ora che non ci sei più
credo ancora di averti vicino
e torno ogni sera
dove tu stringevi la mia mano.

Ed il tuo viso è una sera piena di ombre
ed il ricordo dei tuoi passi mi segue sempre,
ovunque vada, sempre.

Ora che tu non ci sei più
io desidero silenzi,
infiniti silenzi,
infiniti deserti,
usignoli tutti bianchi
e pensieri sereni su una strada piena di luce
che non ha mai fine.”
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Io, il vulcano e il cimitero (Islanda 6°giorno)

Una persona parte per un viaggio con delle aspettative e durante il percorso queste possono poi modificarsi, spostarsi altrove, ridimensionarsi. Ma una certezza rimane lì intatta: la responsabilità della chiosa finale che pende sulle spalle dell’ultimo giorno di viaggio. E questo mio ultimo giorno di viaggio, è durato 35 ore.
Apro gli occhi e li trovo pieni di paesaggi in cui vorrei vivere lentamente.

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Io, la balena e soprattutto il capitano Achab (Islanda 5°giorno)

Apro gli occhi naturalmente. Dormire con le tende spalancate si è rivelata una buona idea per il mio ritmo circadiano. Oggi sono diretta a Husavik, il miglior punto di avvistamento di balene di tutta l’Islanda, e per l’occasione indosso le mie mutande preferite così, in caso di trasporto d’urgenza in ospedale, avrei almeno una cosa di cui andare fiera.
Sì perché ieri sera ho avuto la malaugurata idea di leggere su un forum di TripAdvisor i commenti alla domanda di un folle che cercava informazioni per fare kayak tra le balene. Tra le varie risposte c’era quella di un tizio che, con l’intento di scoraggiarlo, ha postato una serie di video relativi a balene e orche che saltavano beate su kayak e barche, devastandoli. Non capiterà proprio questa volta e non proprio a me, ma nel dubbio le mie mutande preferite hanno il dovere di seguirmi in quest’impresa. Ma andiamo con ordine…

balena su barca

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Io e il mio cane solare (Islanda 4°giorno)

Mi sveglio a Höfn di malumore per colpa delle ragazze francesi con cui condividevo la stanza, le quali alle 7 di mattina sembrano impegnate in un’esercitazione militare, incuranti del fatto che io stessi dormendo. Ho la mascherina sugli occhi, ma purtroppo non ho i tappi per le orecchie.
Mi rannicchio dentro al mio sacco e provo a dormire un’altra ora.
Quando esco, la natura prova a sollevare il mio umore.

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Non è per sempre (Islanda 3° giorno)

“Ma mi avevi promesso che sarebbe stato per sempre. Mi avevano assicurato che per due come noi si sarebbe mantenuto tutto intatto. Anzi, perenne. Io e te. Tutti lo dicevano che sarebbe stato impossibile scioglierci. Eravamo noi due. Identici agli altri ma appesi l’uno all’altro. E perché ora vai via?”
“Non lo so. Mi dispiace. Ma mi si è rotto qualcosa. Lo sento dentro. Come se una corrente mi stesse portando altrove, anche se ancora non capisco dove, ma non posso fare a meno di seguirla. Addio”.
Questo è il racconto di come ho percorso il sud dell’Islanda per arrivare alla Laguna Glaciale di Jökulsarlon, dove gli iceberg si staccano dal ghiacciaio e percorrrono l’ultimo tratto di vita prima di sciogliersi a contatto con le acque dell’Atlantico.

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Non mi serve altro, grazie (Islanda 2° giorno)

Nelle giornate come quella che ho vissuto ogni parola mi suona come un’occasione sprecata per spiegare la magnificenza del viaggio.
Nelle giornate come quella che ho vissuto sono grata al mio viaggiare da sola per essere una così speciale cura.

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Sono sbarcata sulla Luna (Islanda 1°giorno)

Mercoledì mattina ho comprato un volo per l’Islanda e oggi (sabato) mi ritrovo a scrivere un diario dalla Luna.
Ma non è stata una fuga dal pianeta terra. Erano notti che camminavo senza più riferimenti e mi ero quasi arresa all’idea di passare i miei unici giorni disponibili su di un’isola che però a malapena riuscivo a pronunciare (Ibiza), tanto era lontana da me e dal mio stile. Erano notti che camminavo senza più riferimenti, quando finalmente ho intravisto una luce. Ma quella non era una semplice luce nella notte, quella era proprio la Luna!

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Le tombe magiche della Contea di Mezzo (Newgrange 14°giorno)

Mi sveglio e, per la prima volta in questo viaggio, un’altra persona dormiva nella mia stanza. Avevo preparato i vestiti la sera prima, in modo tale da non fare troppo rumore, né aver bisogno di accendere la luce. Un raggio di sole filtrava dalla fessura della tenda e così in cinque minuti mi sono preparata. Ci sono persone che si conoscono da una vita ma che mai ti capiterà di vedere in pigiama o di osservarne le abitudini prima di addormentarsi; al contrario, l’ostello ti consente di abbattere facilmente dei muri e fa si che alcuni tabù sociali vengano come “congelati” per il tempo in cui vi rimani alloggiato. E così puoi trovarti a conoscere una ragazza, berci un bicchiere di vino insieme, dormire nella sua stessa stanza, salutandola prima di addormentarti con la consapevolezza che probabilmente non la rivedrai mai più. Addio Cisca.
Esci dall’ostello e ad attenderti, a un metro da te, c’è un chiaro messaggio in codice della tua cara Jessica. Ti ha trovata e vuole che tu lo sappia.

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