L’ape Giovannina

Giovannina adora giocare ad essere un’ape.
E’ una bambina che sfugge, ma se vuoi tirarle fuori le parole più sincere, puoi andare a parlarle mentre gioca tra i fiori, mimetizzandoti con lei nel campo che c’è dietro casa sua.
A Giovannina il sapore del miele risulta stomachevole, ma se le ricordi chi lo produce, lei lo manda giù con la soddisfazione di un capitano d’industria che assapora il frutto del lavoro dei propri operai.

All’inizio la madre era molto preoccupata di questa pericolosa attrazione della figlia per le api; temeva infatti che si potesse spingere fino a cercare gli alveari, finendo per essere punta da uno sciame inferocito. E invece Giovannina è sempre riuscita a fare i movimenti giusti e a farsi tollerare – con le sue storie – dalle api tra quei fiori.

Questo gioco bellissimo si è però svolto solo dalla primavera all’estate del 1918.
Un giorno poi a casa di Giovannina è arrivato l’inverno ed è durato per sempre.

Da quella stagione, la bambina ha atteso l’arrivo delle api da una finestra che i genitori hanno provveduto a costellare di fiori. Non è come sdraiarsi nel campo – certo- ma è comunque l’unica cosa che riesca a strappare un sorriso agli occhi di Giovannina. Quegli occhi dolci come il miele, ma che riescono a trafiggerti come un pungiglione avvelenato di tristezza.

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