Ni Hao a tutti!
Per riuscire a rendere a parole ciò che mi è capitato e ho visto oggi, avrei bisogno di immergervi in una foresta e farvi abituare a tante differenti tonalità di verde. Una volta che i vostri occhi si fossero abituati a quei colori, dovrei mostrarvi il cielo azzurro e poi farvi guardare a terra, dove un tappeto di foglie e di pietre vi indicherebbe il sentiero. Dovrei farvi poi concentrare sul fruscio che fanno le foglie di bamboo quando cadono, sembra sempre che ci sia qualcuno dietro di voi, e potrei fare scendere una vostra mano nell’acqua fresca di un laghetto.
Quando vi sarete un po’ rinfrescati dal caldo, vi farei guardare verso la cascata che di sicuro avrete notato davanti a noi, facendovi contare i salti dei suoi getti d’acqua. A un certo punto vi farei camminare fino a che voi non finireste davanti a una ragnatela perfetta. Vi fermerei in tempo, per potere ammirare, con un pizzico di terrore che vi salirebbe di sicuro da dietro la schiena, un ragno enorme, dalla struttura appuntita e di colore nero e arancio scuro. Vi fermerei diverse volte, proprio prima di cadere in qualche altra ragnatela perfetta.
Se i vostri battiti del cuore non si fossero ancora stabilizzati, vi farei camminare sopra un ponte sospeso, sorretto da due catene poste sotto le assi di legno. Poi vi farei chiudere gli occhi per un attimo, o per un minuto, per farvi sentire il canto degli uccelli e perché no, anche quello delle gru. Prima di riaprirli, vi prenderei per mano e vi farei camminare fino a una gradinata di pietra appoggiata a un costolone di roccia. Vi lascerei andare da soli, fino a quando incontrereste dei parapetti in pietra decorati di nuvole, tutto questo in mezzo alla foresta. Un ponte di pietra e poi una piccola pagoda con degli incensi bruciacchiati… e poi ancora la foresta. E poi ancora farfalle e libellule che si avviterebbero attorno ai vostri passi.
Ora che siete entrati nell’atmosfera surreale della riserva naturale del Dinghu Shan, vi racconto come è andata.
Mi sono svegliata alle 8:15 e ancora a letto, mentre cercavo le forze per alzarmi dopo un sogno bellissimo, ho sentito una scossa di terremoto. Solo una scossa.
Mi è sembrato un ottimo segno per andare sul Dinghu Shan, quindi mi sono vestita e sono partita in cerca della colazione. Colazione e scorta di viveri e acqua per affrontare l’escursione, fatti!
Si parte!
Pago il biglietto ed entro. Ma come mai ho scelto proprio il DinghuShan, altra meta priva di turisti non-cinesi? Perché oggi sono sulle tracce della Gru Bianca e qui a Dinghu, dovrei fiutare i ricordi del fondatore dello stile di kung fu di cui da poco faccio parte. Un gioco divertente insomma!
Qui però nasce un grosso malinteso: da un carissimo fratello di pratica del mio SiFu, ho ricevuto informazioni su questo Tempio della Nuvola Cerimoniosa di cui vi parlavo ieri. Siccome nel suo album di foto di facebook relativo al tempio in questione, un tizio affermo’ che quello era il tempio della nuvola bianca e lui gli rispose che c’era stato un errore di traduzione, quando mi sono trovata davanti la mappa e ho letto “tempio della nuvola bianca” (Baiyun Si), ho pensato che proprio quello fosse il mio tempio. Mi sono detta “ecco l’errore di traduzione”, voglio proprio andarlo a visitare. La Lonely Planet parlava anche di un altro tempio (Qingyun Si), ma di questo non ne dava la traduzione, sebbene sapessi che yun significasse nuvola.
Chiedo ad un punto informativo quale fosse la strada migliore per arrivare al Baiyun Si, visto che sul depliant del parco non veniva riportato. Loro mi guardano strano e mi dicono che il tempio e’ chiuso. Poi parlano tra loro e mi dicono che bisogna essere almeno in 10 per andarci. Poi si consultano di nuovo e mi dicono la verità: è una sezione a parte del parco, una riserva naturale all’interno della riserva. Mi mandano in un’altra reception 100 metri più avanti. Lì fortunatamente la ragazza parlava con due parole d’inglese. Mi spiega che bisognava pagare un ulteriore ingresso e mi chiede se fossi proprio sicura di volerci andare visto che, per arrivare al tempio, sarebbero state 3 ore di cammino su un sentiero accidentato. Io penso brevemente ai 3.000 gradini del TaiShan, alle 17 ore in treno verso Xi’An e alla rotolata giù dalla collina della luna, di cui ancora conservo il ricordo blu sull’interno del ginocchio destro e nero sull’esterno. Così, con sicurezza, le rispondo che ce l’avrei fatta e che avevo i viveri sufficienti con me. Allora mi prepara un foglio giallo di permesso, lo faxa non so dove e mi lascia sola 5 minuti. Torna e mi dice di consegnarlo alla guardia che avrei trovato all’ingresso della riserva.

Le due guardie forestali mi chiedono in cinese se fossi da sola, l’ho capito dai gesti. Gli ho risposto a gesti che non avrei avuto problemi. Inizia il percorso e inizio a pensare ai film dell’orrore, quando quel coglione del protagonista vede una casa abbandonata e come l’ape con i fiori ci si infila dentro e tu, lì sul divano, che imprechi e gli dici che è un cretino. In quel momento avevo una vocina alla mia destra che mi chiedeva cosa stessi facendo, e una sulla sinistra che mi rassicurava. E questi erano solo i primi 20 metri.
Sarà una mail bella lunga quindi rilassate le spalle mentre leggete 🙂
Il mio percorso inizia con una farfalla che volava qua e la’ davanti a me, con una libellula azzurro quasi verde acqua e dei grilli saltellanti al mio arrivo. Niente di particolare, solo molto bucolico.
Arrivo alla prima tappa della mia cartina (quella della Lonely Planet, di cui pero’ non spiega nulla circa le complicazioni…): il padiglione di avvistamento delle GRU. Rimango in attesa con gli occhi aperti spalancati, ma nessuna GRU avvistata. Solo il loro verso, o presunto tale. La mia conoscenza delle Gru è figlia dei documentari che mi sono vista qui in Cina per puro caso la sera, visto che su youtube in Italia non ho mai trovato nulla. Proseguo e dopo 1 ora di cammino sono alla Roccia del Ruggito del Leone, e prego che sia solo uno di quei nomi assurdi che piacciono tanto ai cinesi. Il sentiero si era fatto più impervio, le radici avevano preso possesso della mia traiettoria e la terra battuta aveva lasciato spazio a delle pietre di grandezza irregolare. Incontro i primi ruscelli e i primi ponti di pietra, e alcuni passaggi avevano la vegetazione alta fino alle mie ginocchia, e la stradina stretta 20 cm.



Mi fermo e penso a chi me lo avesse fatto fare. Penso ai serpenti che potevano vivere lì in mezzo e mi scende una goccia di sudore dietro alla schiena. Penso allora che non sarei morta in un incidente stradale, ma avvelenata da qualche animaletto nel DinghuShan, quindi a quel punto non avrebbe avuto senso fermarsi e tanto valeva andare incontro al proprio destino. Meglio cantando. Ho iniziato a cantare (piano per non spaventare le eventuali gru, ma per far sapere ai serpenti e ai topi che stava arrivando qualcuno) il cielo in una stanza a ripetizione, alternando la conta da 1 a 6 in cantonese (da 7 a 10 non me lo ricordavo più). Avevo accelerato il passo. Arrivo al Laghetto della Zucca (nomi assurdi, l’avevo detto) e trovo tre libellule azzurre in fila pronte a farsi fotografare. Supero un ponte sospeso e inizio a vedere dei parapetti in pietra in mezzo al sentiero. Così, senza un senso.

Giunta al Laghetto dell’Oca Bianca vedo una cascatella con della gente che si stava rinfrescando. Meno male, c’era anima viva! Interagisco a gesti con un vecchietto (il mio target di riferimento) che non sembrava convinto del fatto che da sola andassi fino al tempio. Mi propone una strada alternativa, ma io seguo quella della guida. L’acqua era trasparente e purissima. Cammino ancora, un raggio di sole mi fa vedere in controluce una ragnatela enorme. Mi blocco a meno di mezzo metro: c’era il ragno più grosso di diametro che avessi mai visto in vita mia. Era spesso e lungo, ma senza pelo. Mi chiedo se i ragni saltassero. Mi dico di no e in un guizzo lo supero. Poi lo fotografo.

Il sentiero inizia ad assumere dei tratti fiabeschi. Io mi sento sempre più Alice nel paese delle meraviglie ma anche un po’ l’Ape Maia. Vedo un ponte di pietra a tre arcate, che messo lì in mezzo alla foresta mi sembra un miraggio. Tutto questo era surrealtà, ma poichè non avevo ingerito alcun fungo, mi convinco e lo oltrepasso. A quel punto mi si apre davanti una cascata altissima, enorme e frusciante a tal punto, da non farmi sentire più sola. In effetti, lì c’era anche della gente del posto, che mi guardava come di solito mi si guarda: UFO.
Proseguo e passo sotto una sorta di ingresso in pietra sotto forma di arcata in mezzo ai rami. Avete presente Indiana Jones e il Tempio Maledetto? Diciamo che l’ambientazione era la medesima, solo che non era un film.
Il sentiero ora mi costringeva a salire degli scalini appesi alla roccia, roccia sulla quale avvisto una specie di mille piedi con il corpo di scorpione, le zampe arancioni e la pinza sul davanti e sul dietro. Una bestia lunga 15 cm circa. Il pensiero va alla mamma e mi dico che sono una figlia sciagurata. Una volta in alto mi si apre uno scorcio di paesaggio da mozzare il fiato. Nessuna gru avvistata.


















Cammino ancora e mi blocco all’ultimo secondo. Un altra ragnatela con un ragno ancora più grande di quello di prima. Mi sento un ospite della natura e ricomincio a canticchiare sperando in un po’ di pietà.
Sono ormai al lago del drago balzante e qui la fa da padrone un ragno pancione con fuco al lato della ragnatela. Una piccola pagoda è affiancata alla roccia e una scritta rossa lo accompagna. Da un lato un incavo con degli incensi bruciacchiati in due vasi, dall’altro una piccola gola con i fondo l’acqua blu.
Sono alla seconda ora di cammino e giungo al Convento del Drago balzante. E’ un tempio buddhista. All’interno, come in altri templi, i Buddha hanno la svastica sul cuore. So che non c’entra nulla con il nazzismo, ma ogni volta mi fa davvero strano vederla. Qui incontro una guida del parco, che stava accompagnando una famiglia, e che cerca di scoraggiarmi dal proseguire da sola.
Pensieri gironzolano attorno alla scena iniziale dei film dell’orrore ma li fermo. Proseguo e chi mi trovo davanti? I ragazzini di ieri con in mano una retina per catturare le farfalle! Gran foto di rito e questa volta mi metto in posa da esploratore con il mio supercappello. Gran risate. Ci salutiamo e mi faccio l’ultimo tratto di sentiero. Alla terza ora di cammino arrivo finalmente al Baiyun Si! La sorpresa è vedere che non era quello delle foto. E adesso? Entro e incontro due monaci molto accoglienti, uno dei due ha un grosso bernoccolo sulla fronte. Il tempio è disposto su diverse sale. Quella centrale ha cinque Buddha, ciascuno con una posizione delle mani diversa, alcune delle quali mi ricordano tanto degli esercizi di kung fu che facciamo con SiFu. Una sala ha un Buddha disteso e un’altra ha due Buddha che hanno le mani in posizione di saluto marziale: uno ha le mani giunte e l’altro ha la mano sinistra che avvolge la destra, la quale è chiusa in un pugno.
Infine c’e un’altra stanza ancora, in cui vi sono in fondo tre figure di donna in piedi. Quelle all’esterno hanno un fiore in mano alla cui estremità c’è la luna, per una, e il sole, per l’altra. Ai lati ci sono 9 buddha seduti da un lato e 9 dall’altro. Ovviamente i numeri non sono casuali ma fanno tutti riferimento al feng shui. I buddha seduti ricoprivano varie posizioni e direzioni, uno addirittura si puliva le orecchie, un altro aveva in mano una pergamena. Anche qui c’erano le piccole svastiche ornamentali. Ho fotografato tutte le iscrizioni in cinese, sperando che un giorno qualcuno mi aiuti a tradurle.

Torno indietro. Tempo stimato 2 ore. Tornata al Convento del drago balzante, il monaco mi suggerisce un’altra strada. Poiche’ il vecchietto in Cina non mi ha mai deluso, lo ascolto e proseguo per il suo sentiero. Era molto piu’ veloce. Incontro di nuovo i ragazzi dell’università i quali mi fanno i complimenti per la mia andatura. Allora gli chiedo cosa stessero studiando e mi mostrano delle lucertole catturate, utili ad uno studio in cui collaborano con una professoressa americana. Altre foto e ci salutiamo. Mi giro e gli dico che il tempo stava volgendo al brutto, ma loro avevano deciso per un breack. Io, memore delle mie rotolate sotto la pioggia giù per l’ultima collina, accelero e riesco ad uscire dalla riserva. Vado in bagno e dopo un secondo si scatena l’inferno. Non in bagno, ma fuori.
Dopo 15 minuti esco e visto che aveva smesso prendo una navetta elettrica per andare a vedere l’altro tempio. L’altro tempio, quello della nuvola cerimoniosa, è molto più raffinato. Ha draghi sul tetto e tartarughine all’ingresso. Anche qui feng shui a go go! Fotografo tutto, pure le fotografie che c’erano in una stanza e gironzolo. Un monaco mi offre un frutto che non avevo mai visto, e che si è rivelato molto buono. Parliamo un po’ a gesti. Io gli chiedo se ci sono le gru, lui mi dice che non ci sono. Gli chiedo se c’è qualcuno che fa kung fu in quel tempio, ma lui si mette a ridere e dice assolutamente no.
Mi sono poi documentata su questi due templi. Entrambi buddhisti, mentre quello della Nuvola bianca (Baiyun Si) e’ datato di epoca Tang, intorno al 618-907, il tempio della Nuvola Cerimoniosa (Qingyun Si ) è di epoca Ming (1368-1644). Per questo il primo, quello nella foresta selvaggia, era più spartano e con una pianta molto semplice, mentre il secondo era molto più raffinato nelle decorazioni e nella pianta (contava circa 100 edifici).
Mi sono sentita una piccola esploratrice intenta a fiutare le traccie della gru bianca. Non ho trovato nulla di concreto, ma dentro ho vissuto un concerto emotivo che mille reportage lunghi come questo non riusciranno mai a descrivere.
Un grande abbraccio,
in sella a una nuvola
Insellaunanuvola e il Tempio Maledetto…che avventura! Foto bellissime, e finalmente ho rivisto anche te, era ora…non farmi aspettare altri sei mesi per la prossima puntata eh? 😉
Prometto che selezionerò rapidamente le foto e ultimerò il racconto (la parte scritta esiste già dal 2011 sono le foto che mi richiedono tempo!!!). Ciao Monicone ❤