Ni Hao a tutti!
Inutile invocare il dono della sintesi quando non la si possiede.
Quando si è per natura analitici.
Quando si sta viaggiando con il solo ausilio degli occhi, dell’osservazione, per cercare di capire una cultura assolutamente diversa dalla propria.
Diversa ma forse non distante.
Eravamo rimasti a Qufu, con il tifone che ci ha sfiorati.
La mattina dell’8 (ieri) salgo sul treno veloce diretta a Taishan.
Il leggero brusio del vagone, al mio ingresso si blocca.
Come quando d’estate, di pomeriggio, il canto delle cicale si fa forte e poi d’un tratto si ferma. Ma tu non sai cosa sia stato a provocare il silenzio e quindi ti guardi attorno cercando chissà cosa.
Entro carica del mio zaino con le scarpe da trekking appese ai lati e tutti, o quasi, si girano verso di me. A me scapperebbe da ridere in una situazione del genere, ma per l’occasione ho cercato di trattenermi.
Ho visto che c’erano parecchi bambini, così ho preso lo zaino e, dissimulando la fatica disumana del gesto, l’ho alzato ostentando una certa facilità e l’ho riposto sulla cappelliera. I bambini sono rimasti tutti profondamente colpiti dal gesto (ti credo!!!). Allora, in quella situazione in cui era impossibile ignorare il fatto che fosse sbarcato un UFO in mezzo al corridoio, ho esordito con un sonoro “Ni Haaaao” e ho dato così il via alle danze.
Mi sono sentita come LADY GAGA ad un party per adolescenti. Un delirio! Avevo la fila dei bambini davanti a me per fare insieme una foto. Ne ho contate 15. Poi ad un certo punto si è fatta avanti qualche mamma.
Solo un bimbo mi aveva scattato uno numero spropositato di fotografie, ma non si era presentato per farla insieme a me. A quel punto, ho chiesto agli amici di portarlo “cortesemente” al mio cospetto (eh si, ero come Babbo Natale!) e loro, da veri amici, lo hanno trascinato “a forza”, poiché era in evidente imbarazzo. Diamine -ho pensato- avrà pur diritto anche lui alla foto con l’UFO?!
La ragazza seduta di fianco a me era l’infermiera che accompagnava la scolaresca (era una scolaresca!) in gita a Beijing. Abbiamo fatto una sorta di lezione di mandarino in 20 minuti. Utilizzando le mie 5 parole della mia guida linguistica, mi sono lanciata creando frasi a caso e suscitando l’ilarità dei bambini. A quel punto ho compreso di avere un futuro nell’intrattenimento televisivo per bambini cinesi. Ci penserò seriamente 😀
La ragazza infine mi ha pure lasciato il suo numero di cellulare. Bambini cinesi e infermierine 🙂
Dopo mezz’ora purtroppo ero gia’ arrivata (ai 307 km\h) a destinazione. Quando mi sono alzata si è sentito un “uhhhh” (in tonalità minore) corale dei bimbi. Che peccato! Mi avevano risollevato l’umore dopo l’incidente a cui avevo assistito e il tifoncino che mi aveva lavato via un po’ di entusiasmo.
Arrivata a Tai’An, mi mostro questa volta molto piu’ decisa con il taxista e mi faccio portare alla stazione di Taishan, per mollare lo zaino. Lui è confuso, ma lo convinco che devo andare proprio lì. Opplà 6 ore di tempo: che faccio?
Decido di andarmi a vedere il tempio Dai, un tempio taoista in cui veniva pregata dagli imperatori la divinità del monte Tai prima di ogni scalata.
E mi ci dirigo.
Al tempio c’è una pace che non avevo mai trovato in Cina.
Nessuna guida turistica urlante, né megafoni “a palla”, pochissimi i turisti.
Vado a fotografare una stele sorretta da un bixi (questi animali con il corpo di tartaruga e la testa di drago) e lì incontro una bambina con il padre. Mi attacca una pezza!!!
A quel punto non mi faccio trovare impreparata e ripropongo il mio teatrino linguistico. La bimba però non si ferma quando le dico “wu tingbudong” (non capisco) e mi tocca spiegarle bene che sono italiana e non parlo mandarino. E’ un osso duro, così scappo verso una torre.
Ho bisogno di ridimensionare la mia autostima, che inizia a stare stretta in quel parco di tempio. Mi dirigo verso una porta circolare esterna, percorro un giardino, ne percorro un altro, quando vedo da lontano, sotto un albero, un uomo che si muove lentamente.
Era vestito tutto di bianco e si muoveva in maniera circolare dall’esterno verso l’interno: prima la punta dei piedi appoggiava, strisciava leggermente la pietra del pavimento e cosi’ appoggiava il tallone.
Stava evidentemente facendo tai chi (in realtà, stavo praticando Ba Gua Zhang, ndr). Mi siedo vicino ma non troppo. Lo osservo. Ne percepisco la forza della lentezza. La precisione. La concentrazione. Quando finisce viene da me e inizia un discorso surreale, quasi a gesti.
Io per caso avevo dietro i pantaloni della mia scuola di kung fu e così, incrociando le 5 parole di mandarino che sapevo, gli ho detto qualcosa. Si e’ fatto fare un filmino di 8 minuti di “forma” (sequenza di movimenti).
E’ stato bellissimo. Quando parlavo con lui, addirittura mi correggeva l’emissione di respiro nel pronunciare le parole. Che incontro!! [Sifu ho tutto documentato!!].
Poi il tempo e’ scorso. Ho preso l’autobus per la stazione e mi ha lasciato davanti a un centro commerciale. Bingo! Compro i cuscini per il viaggio.
Passano le 6 ore ed eccoci al viaggio verso Xi’An.
Non so come spiegarvela quest’esperienza: fino a quel momento avevo testato l’efficienza dei treni veloci, quelli di lusso, ma ora era diverso.
I sedili erano duri sul serio, ma quello era il meno. Non vi era la minima inclinazione nello schienale, né il poggia braccio. Tutto era fisso e così te lo dovevi fare andare bene. Davanti c’era un micro tavolino, ma potevi goderne solo se stavi dal lato del finestrino. Secondo voi? Io ovviamente ero nel lato corridoio, senza poggia braccio a cui appoggiarmi. Per 17 lunghe ore.
Ogni mezz’ora passava un venditore di qualcosa: cibo, souvenir, caricabatterie portatile per cellulare, e a voce altissima ti presentava il prodotto. C’era tantissima gente che si faceva in piedi il viaggio. Genitori con bambini neonati avvolti in una coperta per terra. Un’anziana seduta a terra tra due sedili. Tra un vagone e l’altro la gente fumava e la cappa non svolgeva bene la propria funzione e il puzzo di fumo si spargeva qua e là attorno. Tra un vagone e l’altro la gente dormiva con la testa appoggiata alla porta sull’esterno.
Ogni singolo passeggero di quel treno era cinese e io, l’Ufo. Ma le ore davanti erano tante e la stanchezza ammazza qualsiasi entusiasmo per le novità.
Ogni singolo passeggero aveva il cellulare con la suoneria alta, tastiera alta, tutto era contro qualsiasi regola di buon senso. Nessuno però sembrava curarsene.
Sono stata 7 ore vicina a un bimbo con la suoneria del videogames attivata, che segnava ogni punto con un doppio bip. Alla settima ora gliel’ho fatta spegnere, tramite due ragazzi in piedi.
Il rumore era surreale, ho quasi raggiunto il nirvana, non ho opposto resistenza, né fatto la strage che qualsiasi essere portatore della mia cultura avrebbe avuto la tentazione di fare. E così ho osservato tanto. Mi sono chiesta se fosse una forma di individualismo o di collettivismo estremo, quel non curarsi del poter disturbare. Nessuno però sembrava disturbato da quei rumori. Solo io. Così io dovevo adattarmi. E al massimo continuare ad osservare.
Dita nel naso, dita nelle orecchie, l’acqua te la distribuiscono da una macchinetta così ti puoi diluire gli spaghetti (i noodles). Ogni ora e mezza un’inserviente passava a spazzare, ma il raccoglitore era troppo piccolo e così da metà vagone si formava una montagna di rifiuti che lei trascinava con la scopa gialla. Mano a mano che lei raccoglieva altri rifiuti, ti passava di fianco e tu cercavi di non farti toccare da quella scopa. Così per tutta la corsa. Ogni ora e mezza.
Il bagno era occupato di continuo. Turca da cose turche. Un odore di urina che è diventato ammoniaca alla seconda volta che sono andata in bagno. Poi non facevo più caso all’odore, mi fissavo su un punto pulito del muro e cercavo di non vedere il resto.
Credo di aver fatto tanto di quel kung fu in quelle 17 ore, che uno nemmeno se lo immagina.
Potrei raccontarvi altri mille dettagli ma aggiungo solo un’ultima cosa. Nella disgrazia ho conosciuto SU Yeng, una ragazza di Taishan seduta di fianco a me, con cui ho fatto un po’ di chiacchiere in inglese. E’ stata la mia oasi nel deserto, almeno nelle poche ore in cui non ha dormito. Ci siamo scambiate la mail per tenerci in contatto (non siamo però rimaste in contatto, ndr).
Arrivo a Xi’An dopo aver dormicchiato un’ora si e una no. Abbracciata allo zaino, appoggiato all’angolo del tavolino e sorretto dal secondo cuscino. Roba da equilibristi. Ho pure sognato,ma l’ho gia’ dimenticato…
Xi’An e’ molto inquinata e bruttina. L’esercito di terracotta però vale la pena davvero. Ogni viso diverso dall’altro… da non credere. Da vedere appunto (seguirà post solo fotografico sull’esercito di terracotta, ndr)!
Adesso mi lancio nel letto, prima vedo se mi danno ancora da mangiare. Domani ho un volo per Guilin.
Un abbraccio dalla pancia della Cina,
In sella a una nuvola
“la forza della lentezza”
bingo! 🙂
😉
Essenza e presenza! Magnifico il tuo viaggio nel viaggio.
Ti abbraccio. Thanks
Ti abbraccio anche io, Sifu 🙂
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