Depistare la propria squadra di soccorso (Connemara 3°giorno)

Hai deciso di dare una seconda chance a Jessica Fletcher. Forse le si era bucata una gomma della bicicletta, oppure ha dovuto risolvere un omicidio improvviso.

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Così porti senza fretta il cucchiaio alla bocca e assapori ogni centilitro di quella “zuppa del giorno” proposta nel solito bar di pescatori e turisti a cui ormai ti sei affezionata. Lentamente lo fai, per dare il tempo alla non più giovane Jessica di farti la sorpresa che mai dimenticherai nella vita.

E allora che se la prenda pure comoda, tanto la nottata è stata infernale, per cui non hai certo intenzione di scodellare quello che sarà l’unico pasto caldo del giorno.

Ieri notte non hai dormito, ma hai imparato che la teina può essere molto più eccitante della caffeina. Eccitante non nel senso che è una cosa fighissima, ma nel senso che se non te la smetti di accettare tè da chiunque te li offra e a qualsiasi ora, potrai dire addio al tuo sonno ristoratore.

Si è fatto tardi. A presto Jessica. Il Connemara National Park ti attende.

Inforchi la bici con un’imprevedibile agilità e inizi a pedalare.

Ti ricordi di aver seminato falsi indizi alle tue spalle su dove ti saresti diretta: al proprietario del b&b hai dichiarato una meta, mentre al meccanico da cui hai noleggiato una bici (l’officina più incasinata che abbia mai visto in vita mia, sembrava Picasso quello, non un meccanico!), un’altra. Di visitare il parco nazionale lo hai deciso solo ora, quando, lasciata la strada maestra e imboccato un sentiero sterrato, ti sei trovata davanti a quella che dovrebbe essere la schiena del parco.

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Speriamo di non perderci, io e la bicicletta, altrimenti i soccorsi saranno completamente inutili, visto che dopo poco ci si renderà conto che li ho depistati io stessa in anticipo.

Sorry tenente, ma non ho resistito a quel paesaggio. È un balsamo per le mie pupille.

Adoro andare in bici solo quando sono in viaggio.

A casa infatti ho la bici bloccata alla rastrelliera da circa un anno e mezzo. Bloccata letteralmente sì, perché il lucchetto non accetta più la mia chiave. Poco male.

Qui invece è diverso. Andare in bicicletta è un’esperienza prima di tutto olfattiva. I fiori selvatici che crescono ai bordi delle strade ti inebriano con il loro profumo ad ogni pedalata. E ti sale quella felicità di quando ti senti in assoluto movimento armonico. Quella che ti viene solo quando hai l’impressione di star facendo del bene al tuo corpo.

Ecco. Quella “cosa” lì mi succede solo quando vado in bicicletta durante un mio viaggio.

Arrivo a destinazione e lego la mia bici vicino alle altre.

Inizio a camminare sul sentiero che mi porterà sulla cima e della durata di 5 Km. Molto corto, penso. Ma per iniziare va bene così.

Da questo punto in poi ho solo musica nelle orecchie e pensieri molto privati in testa.

Ho un pensiero positivo davanti a un panorama incredibile, inviato a una persona cara mentre il lettore mp3 fa risuonare le sue parole leggere. Come il sole a settembre. 

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Prima di tornare a casa mi sono fermata ad un porticciolo posto ai piedi della collina su cui vivo per questi giorni. C’erano delle panchine di legno sull’erba. Ancora non era ora del tramonto, ma ero talmente stanca che quel silenzio e quel rumore di corde che si tendono e poi si lasciano andare, mi hanno fatta addormentare.

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Solo per poco però.

Una nuvola gonfia di pioggia si è poi posata sul mio petto, ma al mattino se ne era andata.

È piovuto questa notte. 

A presto.

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