Rompere il ghiaccio con questo foglio bianco come il latte, oggi, al tuo primo giorno di viaggio da sola dopo due anni.
Un viaggio desiderato come quei figli che per anni non arrivano e quando poi te li trovi rannicchiati tra le braccia, non sai nemmeno come afferrarli, tanto è il timore di romperli.
E proprio come con quei figli, le tue aspettative crescono ogni giorno che ti separa dal parto. E più si avvicina il tempo e più la tua idea di quel viaggio si scontra con il senso di inadeguatezza, con l’essere assolutamente impreparati sul percorso, con il non aver “chiuso” per bene tutto quello che c’era da finire prima di partire. Per questo motivo, credo, alcuni bimbi a quel punto se la prendono comoda e rimangono ancora un po’ di giorni nella pancia.
Più o meno questa poteva essere la sintesi di come sono andate le cose anche a te.
Arrivi alla vigilia della partenza con ancora cento e-mail da spedire, 5 (cinque) multe da pagare, una bolletta in scadenza e alcune commissioni improrogabili. Poi ci sono le persone da salutare e rassicurare.
È il 10 agosto e nella tua città tutti i negozi che sei solita frequentare sono chiusi, quando scopri che la cartuccia della tua stampante è secca e non hai modo di stampare la carta di imbarco. Ansia. Finisci di fare tutto e sono le 2 (due) di notte. In venti minuti riempi lo zaino del necessario. Alle 7:30 ti svegli.
Ti dimentichi di gettare l’immondizia. Ti dimentichi di indossare l’orologio. Ma ti ricordi di mettere nello zaino l’asciugacapelli. Infine, decidi eroicamente di portare un solo paio di scarpe. Quelle che hai addosso. E questo dettaglio ti fa per un attimo pensare che forse un po’ pronta in fondo lo sei. Come andrà, andrà.
Chiami il taxi perché prevedi gli imprevisti e hai bisogno di qualcuno che collabori e condivida con te la missione. Vi dirigete verso un Internet-point a 5 Km da casa. È aperto! Entrando, guardi il proprietario con lo stesso sguardo di fede con cui alcuni, a Loreto, guardano la Madonna nera (lo so perché me li ricordo da bambina). Gli chiedi “posso fare una stampa?” e con il dito indichi un pc accesso. La stampante funziona. Applausi.
Allora risali sul taxi. Parli tantissimo per via della gioia di avercela fatta. Arrivate in aeroporto. La gioia è contagiosa e il taxista ti fa lo sconto.
Entri e ti dirigi verso un monitor, quando leggi che il tuo volo è stato cancellato. Anzi no. È in ritardo di 35 minuti. Calma. Respira. È solo come quei bimbi che se la prendono comoda, per cui non c’è bisogno di leggervi alcun segnale.
Condividi il volo con una coppia di Imola. All’inizio dormi. Poi senti il profumo di caffè e ti svegli. Tu prendi il caffè, mentre la tua vicina il tè. Ci caschi ogni volta. È una brodaglia imbevibile e per di più entrate in una turbolenza. Il bicchiere trema. Tempo tre minuti e hai iniziato a raccontare di tutti i tuoi viaggi alla ragazza di fianco. Una ragazza molto simpatica e attenta alle parole.
I paesini ora scivolano fuori dal finestrino del pullman che collega senza fretta Dublino a Galway. Tra mezz’ora sarò arrivata. Elliott Smith è alle manopole del mio umore.
Il signore seduto due sedili avanti al mio ha un’acqua di colonia talmente forte da tenermi sveglia. Raccolgo le idee e lascio andare i pensieri.
A Galway ci rimani nemmeno un’ora, ma prima di virare verso il b&b la vuoi salutare. Così, per provare quel senso di familiarità che tanto ti piace provare quando ritorni in un posto lontano. Così, perchè la passeggiata sul canale con le case color pastello, ti aiuta ad affrontare meglio questo foglio bianco come il latte.
A presto